Sempre più frequenti sono le richieste di psicoterapia che ricevo per un disturbo fobico che può diventare fortemente impedente, ovvero l’anginofobia che può presentarsi con livelli diversi di intensità e gravità e che può colpire sia adulti che bambini o adolescenti.
Che cos’è l’anginofobia?
Rappresenta la paura irrazionale di morire soffocati a causa di qualcosa che potrebbe andare di traverso: cibo, pillole, nei casi più gravi liquidi o la stessa saliva.
Questa fobia talvolta viene erroneamente confusa con la disfagia o con la iper-riflessia faringea, due disturbi della deglutizione che non hanno nulla a che vedere con l’anginofobia.
Nei casi in cui il disturbo è maggiormente strutturato e con una ideazione importante, può presentarsi anche la paura per contaminazione aerea, ovvero il timore che pezzi di cibo presenti nei piatti di persone vicine possano accidentalmente provocare una ingestione involontaria e inconsapevole e quindi il soffocamento della persona affetta dal disturbo.
Nell’anginofobia la paura che insorge non dipende dall’azione del deglutire in sè, ma dalle conseguenze che la persona teme ne possano scaturire, ovvero un possibile soffocamento. Il disturbo colpisce indistintamente sia adulti che bambini, nella mia esperienza clinica ho avuto modo di notare un graduale aumento di casi proprio in età pediatrica e pre-adolescenziale
Come può svilupparsi?
Frequentemente si riscontra nelle persone colpite da questo disturbo, una pregressa esperienza traumatica capitata in prima persona (magari una caramella o una briciola di pane andata di traverso) o l’essere stati spettatori di una situazione simile accaduta ad altri. Non è comunque l’evento iniziale in sé a costruire la sintomatologia fobica, bensì il modo in cui la persona reagisce all’evento e nello specifico ciò che mette in atto per evitare la paura.
Questa prima esperienza infatti, può iniziare ad innescare nel tempo, nell’ adulto o nel bambino tutta una serie di reazioni e di tentate soluzioni disfunzionali che come sappiamo in ottica strategica rappresentano il punto di partenza per lo strutturarsi di un patologico circolo vizioso che mantiene e alimenta il problema anziché alleviarlo.
Come si presenta il disturbo e quali le Tentate Soluzioni?
Cominciano a caratterizzarsi una serie di pensieri ricorrenti e ossessivi legati al cibo e al momento del pasto, il quale si trasforma da momento piacevole ed occasione di socialità, in un continuo vissuto di terrore rispetto a ciò che potrebbe accadere durante i pasti a seguito della deglutizione. Questa ideazione ossessiva può spingere la persona ad incrementare ed esasperare un controllo rigido della realtà, trasformando ben presto il momento del pasto in qualcosa di rigidamente controllato e strutturato.
Già l’avvicinarsi dei pasti viene vissuto con forte ansia anticipatoria e durante i pasti questa può evolvere in picchi veri e propri o attacchi di panico. La tentata soluzione principale che la persona mette in atto per scongiurare il pericolo di soffocare è la selezione e l’evitamento progressivo di alcuni alimenti percepiti come pericolosi. In genere, si comincia con l’eliminare la carne, la pasta, poi alcune verdure, il pane e così via.
L’evitamento è uno dei copioni comportamentali tipici dei soggetti fobici e come tutti gli evitamenti fobici si produce nella persona un duplice effetto: nell’immediato la persona si sente sollevata dalla minaccia (e questo è il motivo per cui ritiene sia una tentata soluzione efficace e la applicherà nuovamente), ma subito dopo l’effetto più pericoloso che si produce sarà purtroppo quello di confermare la pericolosità del cibo evitato (“non sono rimasto soffocato perché non ho mangiato quel determinato alimento”).
Il reiterarsi della tentata soluzione evitamento andrà quindi a confermare sempre di più la pericolosità dei cibi e alimentare la paura connessa alla loro assunzione.
Il circolo vizioso dell’evitamento: quando le soluzioni tentate complicano il problema
Spesso la paura di un male ci conduce ad un male peggiore (Ballau)
La reazione di evitamento del fobico nasce dalla sua credenza disfunzionale, nel caso specifico, rispetto alla pericolosità attribuita a uno o più alimenti. Evitando di ingerire un cibo per paura di soffocare andrò a rafforzare proprio questa credenza disfunzionale di base.
Ogni evitamento conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo (Giorgio Nardone).
In questo modo, evitamento dopo evitamento, si creerà una vera e propria escalation di paura e ansia, che costringerà la persona a restringere sempre più l’alimentazione. A questo punto, pur di mangiare qualcosa può strutturarsi la seconda tentata soluzione disfunzionale di questo disturbo, ovvero l’utilizzo di una precauzione ben precisa, quella di frullare o omogenizzare i cibi, fino al punto di ridurre l’ alimentazione pressoché identica a quella dei neonati e mettendo in atto una vera e propria regressione, da un punto di vista alimentare, all’età dello svezzamento.
Come potete immaginare questo quadro fobico importante che inizia a delinearsi e ruotare intorno al tema del cibo e dell’alimentazione, non può non avere delle ripercussioni invalidanti anche sulla sfera lavorativa o affettiva, e più in generale sociale della persona.
Provate ad immaginare con quanta angoscia può essere vissuto un pasto di lavoro, oppure una cena con gli amici o la frequenza della mensa scolastica per i bambini.
Anche in questo caso la persona può mettere in atto una serie di evitamenti rispetto alla vita sociale, in base alla credenza per cui se si consumano i pasti in casa e nella modalità più rassicurante, si riesce a gestire la paura. Ma, come abbiamo visto fin’ ora, in realtà è proprio attraverso queste tentate soluzioni di evitamento che il disturbo nel tempo viene alimentato e diventa invalidante generalizzandosi sempre più anche a nuovi alimenti, fino a prima ritenuti sicuri.
Come si cura?
Una volta escluse eventuali cause organiche e quindi di competenza strettamente medica, il trattamento d’ elezione è la psicoterapia.
La Terapia Breve Strategica rappresenta un approccio particolarmente efficace ed efficiente nello specifico per la Terapia dell’ anginofobia e per il trattamento dei disturbi fobici e ossessivi in generale, sia nel caso di pazienti adulti che di bambini. Sottolineo anche il concetto di efficienza (capacità di risolvere un problema nel minor tempo possibile) oltre a quello di efficacia (capacità di risoluzione del problema) perchè come potete immaginare, quando la vita di un paziente è invalidata da un disturbo così pervasivo, abbiamo ancor di più l’urgenza di tirare fuori la persona da questa trappola nel più breve tempo possibile.
Già in prima seduta, l’obiettivo del terapeuta strategico, sarà quello di ridefinire e comprendere il funzionamento del problema nel presente e individuare i meccanismi che lo mantengono, per poi procedere ad interrompere il circolo vizioso che si è strutturato tra tentate soluzioni e persistenza del problema, e lavorare proprio sul sistema percettivo reattivo disfunzionale che la persona ha costruito intorno al problema.
Insieme al protocollo di trattamento d’elezione utilizzato in Terapia Breve Strategica per i disturbi fobici, verranno utilizzati nel trattamento di questo disturbo, a seconda del caso e in base all’età del paziente, delle particolari strategie che conducano la persona a sperimentare dei piccoli e progressivi rischi quotidiani rispetto all’assunzione del cibo, iniziando da bocconi piccolissimi per incrementare progressivamente le quantità.
Procedere per piccoli rischi ci permette di far sentire la persona comunque in una situazione nella quale tocca il proprio limite, lo supera ma senza andare troppo oltre altrimenti si bloccherebbe di nuovo per la paura. Lavorando quindi attraverso l’esperienza concreta e diretta il paziente arriverà a modificare la sua percezione, trasformandola da disfunzionale in funzionale e sana.
Questo non rappresenta un percorso semplice, soprattutto quando il disturbo colpisce i bambini. In questo caso un ulteriore fattore di complessità sul quale è necessario intervenire è anche il contesto nel quale il bambino è inserito oltre ai genitori, ovvero i nonni che spesso trascorrono diverse ore al giorno con i bambini ed anche il contesto scolastico.
In questi casi, l’intervento per essere davvero efficace dovrebbe essere di natura sistemica, in modo da poter intervenire anche sulle tentate soluzioni di tutti gli adulti di riferimento del bambino, che potrebbero rischiare di alimentare ulteriormente il problema.
Come scriveva Oscar Wilde “talvolta con le migliori intenzioni si ottengono gli effetti peggiori”
Anche per questo tipo di disturbo, le percentuali di successo nel trattamento dei bambini dimostrano che l’intervento più efficace e che produce effetti concreti e in tempi relativamente brevi è la terapia indiretta attraverso i genitori, eletti a veri e propri co-terapeuti, i quali vengono guidati dal terapeuta attraverso una serie di prescrizioni e strategie costruite ad hoc per tirare fuori il bambino dalla trappola che ha costruito.
Bibliografia:
Nardone G. (1993) Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi. Editore: Ponte alle Grazie
Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Editore: Ponte alle Grazie